Ronit Mandel Abrahami è una danzatrice dell’alchimia spirituale, coreografa, scrittrice e pittrice israeliana, nonché ideatrice del Metodo Ronit®, riconosciuto da molti fisioterapisti per i notevoli risultati ottenuti.
Con questa intervista, Ronit approfondisce il significato del suo metodo, un percorso che unisce la matrice spirituale al movimento consapevole, rivelando come il corpo possa diventare un ponte tra mente e anima. L’intervista, condotta da Ivano Formetta, ci offre un viaggio verso la consapevolezza, permettendo di esplorare il superamento delle barriere tra corpo, emozioni e psiche. Attraverso l’esperienza e le riflessioni di Ronit, emerge come il metodo non solo restituisca fluidità al movimento, ma favorisca una riconnessione profonda con il proprio essere.
Ecco, partiamo proprio da qui. Consapevolezza, conoscenza della coscienza, questo mondo così sconosciuto dell’io profondo, della spiritualità! Ronit, qual è la prima cosa da capire, da fare? Qual è la cosa che unisce tutta la conoscenza a livello universale? Quello che tu definisci il primo passo…
«Voglio essere molto pragmatica. Stiamo parlando del mondo esoterico e del mondo della spiritualità, ma non per questo non è un mondo che richiede una sorta di pragmatismo, di capacità di azione, anzi il contrario, purtroppo riguarda proprio la tua domanda: quello che manca oggi alle persone è il rapporto che c’è tra il duale, in quanto il duale esiste. Se faccio degli esempi può sembrare molto scontato, perché tutto quello che noi viviamo è basato sul valore del due: caldo e freddo, notte e giorno, maschile e femminile, duro e morbido, odio e amore e così via, ma il problema è che noi non prestiamo molta attenzione a questa cosa. Sembra scontato, anzi, nella vita tendiamo a scegliere un aspetto.
La nostra mente razionale va dove gli è comodo, noi scegliamo qualsiasi luogo dove vogliamo stare nella nostra mente e stiamo lì tranquillamente senza pensare che l’evoluzione richiede molto movimento.»
Qual è il rapporto tra il duale?
«Nelle lettere ebraiche c’è l’unità. La lettera del divino nel mondo della materia, poi c’è la seconda lettera, la beth che rappresenta l’inizio della divisione … adesso non voglio spiegare tutte cose complicate legate anche alla creazione, tuttavia detto in modo semplice, la base è porsi una domanda: “qual è il rapporto tra il duale?” Il rapporto tra duale è creativo, è legato alla creatività: questo è il rapporto che dobbiamo avere.
Yin e Yang spiega molto bene questo concetto, perché lo vediamo a livello di disegno c’è il bianco e il nero che quando sono uniti, e l’unità e Dio, tutto ciò crea il cerchio che è la perfezione. Il cerchio è il simbolo del Divino. Se capiamo che la mansione di ogni uomo è quella di camminare al centro, non come accade nel mondo della politica dove c’è destra, sinistra o centro che sono tutti scollegati tra di loro e non funziona niente.
Il concetto è proprio questo. Se consideriamo il concetto complesso del bene e del male, è molto semplice chiedere ad una persona cosa scegliere tra il bene e il male. Sceglierà il bene, ma qualcuno dirà “a me piace il male”, ma quello che c’è da capire, è che è molto importante non essere nell’uno e nell’altro, perché il due è rappresenta i due aspetti della stessa medaglia.
Se sono troppo buona, non mi difendo. Se sono troppo cattiva, distruggo e separo ed è pericoloso. Però se unisco il bene e il male o la luce al buio, nell’insieme i due elementi creano la perfezione, una perfezione che noi esseri umani non conosceremo mai.
La cabala e tutte le culture esoteriche so ispirano al concetto dell’unità. Dobbiamo aggregare come fosse un puzzle.
L’universo è come un puzzle del quale non potremo mai vedere la sua vera identità, sarà sempre nel luogo del mistero, perché appartiene alla sfera dello spirito, a differenza della materia dove noi siamo capaci apparentemente di vederla.
Vediamo con gli occhi quello che possiamo, ma visto che i nostri comuni sensi non ci possono portare “oltre”, dobbiamo usare anche l’altro emisfero del cervello, quello intuitivo, quello legato al mistero ed è proprio lì che si cela la cellula divina che ci dice di andare oltre a ciò che vediamo. Ed ecco che il due ha bisogno del terzo elemento.»
Il terzo elemento: il ponte unificatore
«Il terzo elemento è una specie di ponte unificatore. Non potremmo mai arrivare ad essere Yin e Yang, perché una volta raggiunta questa “unità” non vivremo più per reincarnarci. Andremo nel regno del cielo per non scendere più sulla terra.
La prima domanda che dobbiamo porci è “Qual è lo scopo per cui siamo nati?”
Nella religione ebraica c’è una metafora bellissima che spiega come avviene il percorso dell’anima nella materia. Le anime non vogliono scendere sulle terra e capisco il perché, io da piccola guardavo sempre il cielo e dicevo in modo intuitivo: “perché mi avete portato qui?”, come se mi sentissi fuori luogo. Adesso, dopo tutti gli studi che ho fatto, dedicando tutta la mia vita all’arte della danza ma anche la pittura, il disegno
dal punto di vista più profondo, esoterico e spirituale, ho consapevolizzato che è impossibile vivere solo di un aspetto.
Ritornando all’esempio del bene e del male, pensiamo che sia facile, perché abbiamo il libero arbitrio per scegliere, ma non è facile capire la differenza che c’è tra il bene e il male, qual è il vero senso. Se sono in pericolo e uccido una persona che voleva farmi del male? Io ho ucciso, ho commesso un’azione cattiva, però dato che mi sono difesa, in qualche modo quell’azione cattiva ha tutelato il bene.
Addirittura il “buono”, quello che non protegge nella sua famiglia, perché perdona tutti, tutto va bene, accetta le persone che vogliono fargli del male e gli permette di farlo, rappresenta un’azione negativa e cattiva verso sé stesso.»
Quest’intervista con Ronit Mandel Abrahami non è solo una finestra sul suo Metodo, ma un invito a riflettere sul senso del nostro cammino nella vita. Un cammino che richiede equilibrio tra dualità e unità, tra luce e ombra, tra azione e riflessione. Il Metodo Ronit ci insegna che ogni movimento, fisico o interiore, può trasformarsi in un atto creativo e sacro, portandoci più vicini alla nostra essenza autentica.
Concludiamo con una domanda che Ronit ci lascia come spunto di meditazione: “Qual è lo scopo per cui siamo nati?” La risposta, forse, si cela proprio nel movimento stesso del nostro percorso, un viaggio di continua scoperta verso l’unità e l’armonia interiore.